giovedì 22 aprile 2010

Congresso Cgil. Mozione 2: E’ l’ora della scelta


Siamo alla vigilia del Congresso nazionale Cgil e la mozione 2 non può 
rinviare la decisione su cosa farà da grande. I congressi di categoria,
così come quelli regionali, si sono conclusi in maniera molto differenziata. 
Da un lato il congresso della Fiom, quello della Flc, quello della Filctem, 
ove la mozione 2 ha confermato e rafforzato le sue scelte di fondo. 

Questo ha fatto sì che le conclusioni non fossero su un documento comune. 
Nella Filt, nella Slc, nella Fisac, nella Funzione pubblica, i congressi si sono 
invece conclusi con la maggioranza della mozione 2 che votava a favore, 
mentre solo i delegati vicini alle posizioni della Rete28Aprile continuavano 
a non votare il documento finale. 

E’ chiaro che questi segnali contraddittori comportano una decisione 
all’interno della mozione. Anche perché da parte di Guglielmo Epifani ed 
in generale della maggioranza congressuale, in queste settimane, non sono 
venute disponibilità reali alla mediazione politica. Anzi, nel Congresso della 
Fiom per la prima volta, con assoluta chiarezza, il segretario generale della
 Cgil ha detto che sul sistema contrattuale la posizione che ha vinto al congresso
 è quella di andare a ricontrattare l’accordo fra due anni. Giustamente Gianni 
Rinaldini gli ha risposto che, se questa posizione fosse stata presentata con 
altrettanta chiarezza nei congressi di base, nessuno avrebbe potuto dire che
 non si capiva quali fossero le ragioni del contendere. 

Anche sul piano organizzativo da parte della maggioranza non sono venuti 
segnali di distensione. Ai Segretari generale della Fisac e della Funzione pubblica,
 che hanno perso il congresso, è stato chiesto gentilmente di accomodarsi fuori 
dalle loro categorie. Lo stesso avviene nelle strutture territoriali e regionali. La
 linea della maggioranza è sostanzialmente: abbiamo vinto, non si divide. In 
questa situazione le tendenze unitarie e dialoganti all’interno della mozione 2 
sono pure manifestazioni di debolezza, e come tali vengono accolte dalla 
maggioranza. Il Congresso della Fiom, in particolare, ha dato un segnale di 
forte combattività, scegliendo di evitare accomodamenti e di portare al Congresso della Cgil la nettezza delle posizioni che hanno conquistato la maggioranza dei metalmeccanici. 

A questo punto è chiaro che il seminario della mozione 2 che si terrà il 29 e 30 
aprile, dovrà chiarire gli orientamenti politici della mozione che dovranno poi 
essere presentati ai delegati. Per quanto ci riguarda l’andamento dei congressi,
le posizioni in campo, le scelte che abbiamo di fronte propongono una scelta 
precisa. La mozione 2 deve organizzarsi statutariamente come minoranza critica
e di opposizione all’interno della Cgil e continuare così il proprio impegno. Altre soluzioni, pasticci, confuse mediazioni, appelli a non perdersi di vista mentre 
ognuno fa quel che vuole, porterebbero solo alla liquidazione di un’esperienza
che ha raccolto il consenso di 310 mila iscritte e iscritti in carne ed ossa, che 
vogliono continuare a battersi per una Cgil diversa. 

Roma, 20 aprile 2010
Giorgio Cremaschi 
(Rete 28 Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale)

Ddl lavoro, niente arbitrato in caso di licenziamento


La commissione Lavoro modifica il testo non firmato da Napolitano. L’arbitro non può sostituire il giudice nelle controversie che riguardano licenziamenti. Cgil: qualche modifica, ma la legge è tutta sbagliata
Nelle controversie di lavoro che riguardano il licenziamento, l’arbitro non può sostituire il giudice. Lo ha stabilito la commissione Lavoro della Camera, approvando un emendamento presentato dal relatore Giuliano Cazzola (Pdl) al ddl lavoro rinviato a suo tempo al Parlamento dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’articolo “incriminato” del ddl è il 31 (sul quale il Quirinale aveva sollevato le proprie perplessità).

L’emendamento che lo modifica prevede quanto segue: “La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato”. Inoltre, “in assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi” sui campi di applicazione dell’arbitrato attraverso le clausole compromissorie “trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, al fine di promuovere l’accordo. In caso di mancata stipulazione dell’accordo di cui al periodo precedente, entro i sei mesi successivi alla data di convocazione, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali individua in via sperimentale, con proprio decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociali stesse, le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni di cui al presente comma”.

Per il resto, sono stati approvati tutti gli emendamenti proposti dalla maggioranza, mentre è respinto l’emendamento presentato dal governo, relativo all’articolo 20 sulla esposizione all’amianto dei lavoratori a bordo delle navi di Stato. Il passaggio alla Camera è previsto per mercoledì 28 aprile.

Un emendamento presentato dalla Lega, e approvato, prevede inoltre che la clausola compromissoria sull’arbitrato possa essere “pattuita e sottoscritta concluso il periodo di prova, ove previsto, ovvero trascorsi trenta giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro in tutti gli altri casi”, compresi quindi i contratti a tempo determinato, allargando i limiti al ricorso all’arbitrato.

“Governo e maggioranza sono costretti ad apportare qualche modifica alla controriforma del processo del lavoro, ma ciò non basta per cambiare il senso di una legge sbagliata che continua a mantenere punti evidenti di incostituzionalità”. Questo il commento di Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil. “Prendiamo atto - afferma il dirigente sindacale - di questi primi cambiamenti che riteniamo anche frutto della nostra coerente iniziativa, ma la mobilitazione per cambiare una legge sbagliata prosegue e si rafforza”. Fammoni sottolinea che “la clausola compromissoria non può essere stipulata per nessuna materia all’atto dell’assunzione e non solo per le controversie relative al licenziamento come previsto nella dichiarazione comune separata (non firmata dalla Cgil, ndr). Il licenziamento non può essere orale ma solamente in forma scritta. Il lodo arbitrale non è più definitivo, ma può essere impugnato, anche se resta la pesante spada di Damocle di una possibile dichiarazione preventiva di accettazione di qualsiasi decisione arbitrale”.

Per Fammoni restano in vigore misure ‘molto gravi’ come: “la certificazione in deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro e i vincoli al ruolo del giudice del lavoro; il ricatto sui precari per la clausola compromissoria che non è certo attenuato da un rinvio di 30 giorni; nessuna schermatura sostanziale alla derogabilità di leggi e contratti, possibile con l’arbitrato di equità che resta preventivo al manifestarsi della controversia; è confermata la previsione di un decreto ministeriale anche se fintamente attenuata; non è previsto niente sui termini dell’impugnazione e dell’articolo 50”. Pertanto, aggiunge Fammoni, “in relazione al messaggio del Presidente della Repubblica paiono evidenti le non risposte sull’insieme dei 5 articoli di legge”. La Cgil conferma le iniziative di mobilitazione contro il ddl, a partire dai presidi sotto le prefetture di tutte le città d’Italia il 26 aprile e dal presidio nazionale nel giorno dell’avvio del dibattito in aula il 28 aprile”.

“E’ un giudizio positivo perché è stata accolta la proposta che avevamo fatto con le parti sociali che escludeva dall’arbitrato le controversie che riguardavano i licenziamenti”. Così ai microfoni di CNRmedia Luigi Angeletti, segretario generale Uil, commenta il no all’arbitrato sui licenziamenti approvato dalla Commissione Lavoro della Camera. “E’ un passo avanti importante – prosegue - adesso ne aspettiamo un altro sul fatto che il lavoratore possa scegliere solo dopo aver superato il periodo di prova, quando non ci sono più realistici condizionamenti”.