mercoledì 24 febbraio 2010

SERGIO MARCHIONNE, IL SOCIALISTA


- di Giorgio Cremaschi -

Alla Fiat, assieme alla crisi si va accumulando un tale concentrato di vergognose sopraffazioni e sfacciate ingiustizie, che non è solo necessaria una forte lotta sociale e politica, ma una vera e propria rivolta morale.

La polizia è intervenuta massicciamente alla Fma di Pratola Serra (Avellino) per far uscire i motori contro il presidio dei lavoratori in cassa integrazione. E' il primo massiccio intervento pubblico nella vertenza. Il primo intervento del governo, dopo le chiacchiere e gli applausi sanremesi del ministro Scajola. Gli unici soldi finora spesi dal governo nella vertenza Fiat sono quelli adoperati per pagare gli straordinari alle centinaia di poliziotti che devono presidiare lo stabilimento campano. Se questo è l'intervento del governo nella crisi, la strategia aziendale si sviluppa in perfetta sintonia con esso.

Possiamo così sintetizzare le scelte imprenditoriali di Sergio Marchionne, dopo che si sono diradati in un anno i fulgori della sua beatificazione. Si chiude dove minimamente non conviene e si aprono gli stabilimenti dove gli stati pagano gran parte dell'investimento e i lavoratori ricevono stipendi incivili. Otto miliardi di dollari sono il finanziamento del governo degli Stati Uniti all'unione Fiat-Chrysler. Quasi due miliardi ha promesso Putin alla Fiat per un nuovo stabilimento in Russia. Quasi altrettanto paga il governo messicano per fare le 500, attualmente costruite in Polonia, dove il costo del lavoro comincia ad essere eccessivo. Cifre minori, ma comunque significative, la Fiat riceverà per riprendere la produzione automobilistica in Serbia.

La Fiat investe dove lo stato paga. A livello mondiale ha accumulato in breve tempo almeno dodici miliardi di dollari di pubblici finanziamenti. Nello stesso tempo, la Fiat accompagna l'inseguimento dell'intervento pubblico con quello per i salari più bassi. Nello stabilimento serbo, ex Zastava, pare che gli operai assunti avranno contratti di pochi mesi e una paga mensile che non raggiungerà i 300 euro. Gli stipendi dei lavoratori messicani del nuovo stabilimento saranno anche più bassi e così pure quelli russi. Si estende così nel gruppo Fiat l'area dei lavoratori pagati con salari da terzo mondo, mentre si riduce l'occupazione pagata con salari occidentali. In Brasile e in Polonia, dove ci sono grandi stabilimenti Fiat, la crescita dei salari di questi anni, 500 euro in Sudamerica, 700 nel paese europeo, ha aperto la via a un brutale attacco ai diritti dei lavoratori.

E d è bene ricordare che quest'attacco alle più elementari libertà sindacali è la premessa di ogni investimento Fiat all'estero. Dall'India alla Turchia, dove i salari sono a livello di quelli serbi. In quel paese la Fiat ha estromesso dalla fabbrica il sindacato democratico e ha costruito un proprio sindacato aziendale giallo. Ovunque nel gruppo si diffondono le pratiche antisindacali, sfruttando al meglio in ogni paese ciò che permette la legge. Così l'azienda si abitua a un regime di gruppo nel quale, alla faccia di tutte le dichiarazioni, i lavoratori vengono spremuti, sfruttati e improvvisamente abbandonati quando si presentano altrove condizioni di miglior sfruttamento. Mentre rinverdisce così i fasti delle peggiori multinazionali, in Italia il gruppo dirigente Fiat affronta la crisi con una sfacciata brutalità di classe.

Sergio Marchionne, in questi giorni, si è aumentato lo stipendio del 40%, passando da 3,4 milioni di euro a 4,8. Altrettanto ha fatto Luca Cordero di Montezemolo, che però guadagna qualche centinaia di migliaia di euro più di Marchionne, perché è anche a capo della Ferrari. Complessivamente il top management dell'azienda si è aumentato gli stipendi da 11 a 19 milioni all'anno. Questo mentre il premio aziendale per gli operai e gli impiegati, nel 2009, è stato tagliato da 1.200 a 600 euro e per il 2010 si annuncia già ridotto fino a 300. La Fiat quest'anno ha perso 800 milioni di euro, come risulta dai bilanci. Ma gli azionisti si sono comunque distribuiti 250 milioni di dividendi. Si prepara la chiusura di Termini Imerese, si annunciano tagli complessivi dell'occupazione, cresce l'incertezza di molti stabilimenti, la cassa integrazione permanente oramai riduce le retribuzioni reali di un lavoratore Fiat a 900 euro netti mensili, ma la famiglia Elkann-Agnelli si distribuisce lauti guadagni.

Insomma, mentre i lavoratori del gruppo, in nome della crisi, pagano costi sociali drammatici, con vite intere che vengono messe in discussione, gli azionisti, Marchionne e Montezemolo, se la sguazzano. E' una vergogna senza precedenti, che dovrebbe suscitare un moto d'indignazione nell'opinione pubblica e che invece, fino ad ora, viene presentata con giustificazioni o assuefazioni. La concreta strategia imprenditoriale di Marchionne è tagliare i posti di lavoro e i salari, inseguire il costo del lavoro più basso e farsi pagare gli investimenti con i soldi pubblici. Il resto sono fumi pubblicitari atti solo a mascherare la realtà.

Un dirigente della sinistra ha dichiarato che, nonostante tutto, considera ancora Marchionne un socialdemocratico. In un certo senso è vero, perché l'amministratore delegato della Fiat, anche se l'azienda va male e i lavoratori perdono il posto, vede la sua paga crescere sempre di più. Marchionne e gli azionisti della Fiat hanno raggiunto quindi il migliore dei socialismi possibili, mentre ai lavoratori del gruppo si applicano le più brutali leggi di mercato.
Davvero in Fiat si gioca un pezzo di ciò che resta della democrazia in questo paese. 

MARCHIONNE SUL TETTO

Agli operai di Termini Imerese, agli operai dell’indotto Fiat, agli operai di Mirafiori, di Pomigliano d’Arco e altri, loro sedi.
Gentili signori. Il consiglio di amministrazione della Fiat ha detto la sua. L’assemblea degli azionisti, convocata per il prossimo 26 marzo, dirà la sua per alzata di mano. In attesa che si dispieghi sul paese cotanta democrazia applicata, approfittiamo dell’occasione per infilarci in un piccolo spiraglio spazio-temporale e diciamo la nostra. Il dottor Sergio Marchionne, forse salito per protesta sul tetto della sua Ferrari, forse soltanto grazie ai suoi superpoteri mesmerici, riceverà dagli azionisti Fiat, tra un mese, un bonus di 1 milione e 343 mila euro. E’ una discreta sommetta, che in tempi di crisi, di cassa integrazione, di chiusura di stabilimenti, farebbe comodo a molti. Potremmo dire qui degli altri premi al top management Fiat (qualche monetina come argent de poche si è trovata anche per Montezemolo, persino per il giovine Elkan). Potremmo dire qui anche del dividendo distribuito agli azionisti (0,17 euro per le ordinarie, 0,31 per le privilegiate, totale 244 milioni). Ma ci scuserete se ci limitiamo al signor Marchionne, che di stipendio prende qualcosa come 3 milioni e 347 mila euro, ma che certo, dovendo pagarsi un bilocale a Detroit per le sue trasferte, accetterà di buon grado questo regalino. Regalo motivato, intendiamoci: ha ottenuto un discreto utile di gestione (1,1 miliardi di euro), che è pari a un quarto dell’indebitamento (4,4 miliardi). Insomma, ha lavorato bene, dicono molti giornali che lo trattano come un salvatore della patria, manco fosse Bertolaso.
Ora, gentili signori, è chiaro che mentre voi salite sui tetti (demagogici!), piangete nei pochi spazi di informazione concessi (noiosi!) e non sapete cosa dire ai vostri bambini (patetici!) c’è chi si suda la pagnotta. Con il suo premio per l’ottimo lavoro svolto, il signor Marchionne potrebbe pagare qualcosa come 1.119 stipendi pieni da metalmeccanico, oppure sollevare un po’ noi contribuenti e staccare 1.918 assegni di cassa integrazione a zero ore. E’ probabile che non lo farà, ma forse è il caso di provare lo stesso a chiederglielo – gentilmente s’intende – in questo mese che ci separa dall’assemblea degli azionisti Fiat. Alla peggio, con quei soldi, potrebbe pagare una pizza alle famiglie dei 30.000 lavoratori della sua azienda in cassa integrazione in questi giorni (appena 44 euro per ognuno, suvvia!). O magari stupire tutti con un lascito in sostegno alle famiglie falcidiate dalla sua azienda. Oppure (stiamo esagerando?) mettere quel milione e 343 mila euro in un fondo di solidarietà per gli operai dell’indotto che non hanno nemmeno la cassa integrazione. O almeno (giochiamo al ribasso) regalare un’automobilina di latta ai figli dei cassintegrati Fiat che hanno avuto un Natale di merda e avranno una Pasqua ancor peggio. E’ chiaro che questo non avverrà, ma noi siamo realisti e chiediamo l’impossibile. Azionisti Fiat, non dateglieli. Dottor Marchionne, non li prenda. Coraggio! Cosa sono un milione e 343 mila euro di fronte a un carico di alcune tonnellate di vergogna? Un po’ di sacrifici, che diamine! I suoi operai non le hanno insegnato niente?

http://www.alessandrorobecchi.it/index.php/201002/editoriale-marchionne-sul-tetto/

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