mercoledì 8 settembre 2010

Federmeccanica: disdetto contratto 2008 "Misura cautelativa dopo minacce Fiom"

Gli industriali annunciano "sin da ora" il recesso dal contratto valido fino al primo gennaio 2012. Il presidente Ceccardi: "Decisione a fronte delle possibili azioni giudiziarie del sindacato". "Nessuna spinta da Fiat. E dopo Pomigliano necessario adeguare le relazioni industriali"

MILANO - Il direttivo di Federmeccanica ha dato mandato al presidente Pierluigi Ceccardi di comunicare fin d'ora il recesso dal contratto nazionale siglato il 20 gennaio 2008 e valido fino al 2012. Lo stesso Ceccardi ha spiegato che la decisione di considerare già spirato il contratto è avvenuta "a fronte delle minacciate azioni giudiziarie della Fiom relative all'applicazione di tale accordo" ed è comunicata "in via meramente tecnica e cautelativa allo scopo di garantire la migliore tutela delle aziende". La disdetta avviene a far data dal primo gennaio 2012.

Proprio la Fiom, attraverso il segretario generale Maurizio Landini, aveva invitato nelle ultime ore Federmeccanica a non accettare quello che viene visto come un "diktat" di Fiat, perché "meccanismi di confronto sotto diktat alla lunga non aiutano neanche le imprese". In sostanza, la Fiom aveva invitato gli industriali della meccanica a non cedere alle pressioni di Marchionne, che senza deroghe al contratto del 2008 aveva paventato l'uscita di Fiat da Federmeccanica. "I problemi che la crisi pone si possono affrontare anche discutendo di investimenti e di maggiore utilizzo degli impianti. Senza bisogno di deroghe ma applicando il contratto nazionale e le regole che ci sono" aveva concluso Landini.

"Fiat non ha spinto per niente - è la replica di Ceccardi -, l'accelerazione che abbiamo imposto oggi è per tutelare le esigenze delle aziende metalmeccaniche e di un milione di lavoratori che dipendono da esse".

Il presidente di Federmeccanica ha poi spiegato che "il consiglio direttivo ha preso in esame l'evoluzione dei rapporti sindacali nel settore dopo il rinnovo del contratto nazionale del 15 ottobre 2009 e la vicenda relativa allo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco". "Il convincimento unanime è la necessità di proseguire con determinazione nell'adeguamento delle relazioni industriali, sindacali e contrattuali alla domanda di maggior affidabilità e flessibilità che proviene dalle imprese per consentire loro una migliore tenuta rispetto all'urto della competizione globale".

"Dobbiamo cambiare le relazioni sindacali, le aziende non sono più governabili se cinque persone che scioperano fanno chiudere uno stabilimento di 500, questa non è democrazia, è prevaricazione" aggiunge Ceccardi, ribadendo "urgente una regolamentazione condivisa del sistema di rappresentanza, sulla cui necessità esiste generale consenso e disponibilità dichiarata dalle parti". Tale regolamentazione, ricorda il presidente di federmeccanica, è prevista dall'accordo interconfederale del 15 aprile 2009, non sottoscritto dalla Cgil. Alla domanda se l'auspicio è che anche l'organizzazione guidata da Guglielmo Epifani possa sedersi al tavolo, Ceccardi ha replicato: "Assolutamente sì, l'auspicio è che le confederazioni attivino al più presto un tavolo per regolamentare la materia per via pattizia".

 
(07 settembre 2010)

domenica 29 agosto 2010

Il vero problema è la Confindustria

confindustria1 271x300 IL VERO PROBLEMA E LA CONFINDUSTRIA economia Informare per ResistereE se il problema dell’Italia, delle sue difficoltà che la fanno annaspare non fossero le resistenze frapposte dalla Fiom all’editto Marchionne, ma la Confindustria e la sua incapacità ad indicare una linea di sviluppo e di produzione di profitti che non sia quella dell’assistenzialismo e dei bassi salari?
La Confindustria tedesca  credo che abbia molto da insegnare ai sempre più lividi portavoce degli industriali italiani. L’industria tedesca regge con salari  quasi doppi di quelli italiani. L’economia generale del Paese è armoniosa ed i negozi non sono deserti come avviene da noi dove la gente non ha più  soldi da spendere oltre quelli necessari alla mera sopravvivenza.
I sindacati tedeschi assolvono ad un ruolo di  responsabilità con la pratica della codecisione.
Ma i loro lavoratori non sono disperati e ridotti alla fame come quelli iscritti ai sindacati italiani di Bonanni, Angeletti chei tengono i salari fermi e cedono consistenti quote di diritti e di welfare ogni volta che si incontrano con Governo ed Imprenditori. La codecisione tedesca in Italia si traduce in una mera presa d’atto delle decisioni unilaterali delle imprese.
Mettete in fila le dichiarazioni della Marcegaglia ed i documenti di Confindustria degli ultimi venti anni. Un piagnucolio senza fine per chiedere soldi, soldi, soldi (di quelli buoni diceva la Marcegaglia).  La Marcegaglia che oramai  sfiora la volgarità con la brutalità  e le bassezze delle sue accuse verso i lavoratori con accenti sempre più queruli ed isterici chiede favori fiscali per le imprese, sempre meno welfare e sopratutto la riduzione al silenzio dei sindacati di lavoratori che ancora si ostinano a essere tali.
Tutto quello che ha ottenuto non basta mai. Vuole ancora di più, sempre di più. L’ideale è portare il lavoratore italiano allo stesso livello di quello polacco o, meglio, di quello tunisimo. Azzerare quasi il costo della manodopera anche se questo incide sempre di meno sui costi di produzione anche nella industria manifatturiera. Azzerare la spesa sociale dello Stato. La scuola italiana sta per essere ridotta in maceria dalla drastica cura dimagrante della Gelmini. Una scuola al livello della peggiore scuola pubblica delle periferie americane con programmi sempre più dequalificati.
Ora l’abbattimento dei salari già ultimi tra i paesi OCSE non basta più. Tremonti propone anche di evitare i costi per la sicurezza del lavoro. La difettosa ed insufficiente legge italiana gli sembra “un lusso” e pensa di mettere le mani sull’Inail e sull’INPS magari per sfasciarli privatizzandoli. Sembra attirato dalla buona salute finanziaria di cui godono due istituzioni  importanti del welfare italiano.
Marchionne si è unito ai pellegrini che ogni anno si recano a Rimini al “famoso” meeting di Comunione e Liberazione una organizzazione che in Italia svolge il ruolo di certe associazioni fondamentaliste della destra statunitense che gli italiani conoscono per le sue intolleranti convinzioni neocon e non per quella che è: un enorme parassita che ha creato un impero economico con appalti si servizi e forniture dalla pubblica amministrazione, con la cosidetta sussidiarietà, i bassissimi salari che corrisponde alle persone che lavorano alle sue dipendenze.  Ogni anno l’appuntamento al meeting di CL, come la relazione del governatore della banca d’Utalia, come il Convegno di Cernobbio, scandisce il calendario politico. Gli Oligarchi della politica italiana smaniano per un invito che viene accordato soltanto a coloro che si distinguono nella lotta contro la classe lavoratrice e la sinistra.
Sarebbe opportuna un  approfondimento di CL  un esame dei bilanci della Compagnia delle Opere, e magari scopriremmo quanto è bello, quanto è redditizio e facile, gridare contro lo statalismo e profittare a piene mani delle sue risorse.
L’idea di usare la globalizzazione per ridurre l’Italia al livello dell’Egitto o della Polonia di oggi rottamando i diritti delle persone, distruggendo la scuola e la sanità, svendendo il patrimonio dello Stato ai privati ha fatto in Italia troppo strada. L’idea di considerare la lotta di classe un reperto del passato è autolesionistica.  Ill conflitto sociale è l’unico regolatore bilaterale o multilaterale dei rapporti interni alla società. La dialettica del conflitto sociale produce progresso. Stimola le imprese verso le innovazioni. Quando le imprese risolvono i problemi riducendo i salari o i diritti  invecchiano e vengono superate e diventano presto fuori mercato. La fiat, scaricando da sempre sui salari e sullo Stato le sue difficoltà, produce auto poco competitive e meno buone e solide di quelle della concorrenza. Perde quota e deve produrre in Serbia per competere con coloro che producono auto in Germania o in Francia  pagando alti salari e rispettando contratti e leggi sociali che Marchionne vorrebbe stracciare.

mercoledì 28 luglio 2010

Punto FIOM - Riconquistiamo il contratto

Il Bluff di Marchionne

Fiat: sindacato Zastava ha "seri dubbi" su piano per Serbia


BELGRADO (MF-DJ)--"Per quanto riguarda gli articoli pubblicati in questi giorni in Italia" e ripresi anche in Serbia (sulla produzione della L0 a Kragujevac ndr) "sulla base delle informazioni in nostro possesso non esiste nessun accordo ufficiale ne' informazione ufficiale del governo serbo (che e' propietario del 30% di Fiat Auto Serbia) relativa alle dichiarazioni (intenzioni) di Marchionne".
Lo sostengono i rappresentanti sindacali della Zastava in una nota in cui precisano che attualmente la fabbrica di Kragujevac "e' ferma a causa delle vetture non vendute ferme nel piazzale (circa 4.500 unita'), tutti i 1060 lavoratori della Fiat Auto Serbia sono in cassa integrazione e la ricostruzione dei reparti viene eseguita da imprese appaltatrici, nonostante che migliaia di lavoratori della Zastava stiano a casa senza lavoro. Proprio due giorni fa un lavoratore di una impresa appaltatrice e' morto sul lavoro".
"Circa il 70% dei lavoratori di Fiat Auto Serbia, prosegue il comunicato, sono sovvenzionati dal governo per arrivare al minimo garantito che e' pari a 160 euro. Noi abbiamo seri dubbi per quanto riguarda la decisione di Marchionne, perche' in un anno ha cambiato il piano tre volte. Il sindacato della Zastava vede in questo girotondo di annunci il tentativo di dividere i lavoratori dei nostri due Paesi e invita all'unita' di tutti i lavoratori del gruppo Fiat". mcn