Non si placa la polemica il giorno dopo la rottura nella trattativa sullo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. L’ad Fiat Sergio Marchionne si dice “abbastanza contento” dell’adesione della maggior parte dei sindacati a una possibile intesa e parla di “passo in avanti, poi bisognerà chiudere”. L'accordo separato riguarda Fim Cisl, Uilm, Fismic e Ugl, mentre la Fiom, per adesso, resta contraria alle condizioni imposte dal Lingotto. Secondo Marchionne, “se ieri (11 giugno) fosse finita male si sarebbe creato un grandissimo problema. Ci stiamo giocando la vita di cinquemila persone”. Per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi siamo addirittura a “una svolta storica relazioni industriali, confido nella firma di tutti”. Netta la presa di posizione anche della Confidustria: “Il no della Fiom è inaccettabile, non si può dire di no per difendere alcuni lavoratori grandi assenteisti che si mettono in falsa malattia. Chiediamo alla Fiat di ripensare la sua posizione e di cogliere questa sfida”. Così la leader degli industriali Emma Marcegaglia.
Resta sulle proprie posizioni la Fiom. “Di fronte al rifiuto della Fiat ad apportare qualsiasi modifica al testo da presentato lo scorso 8 giugno”, si legge in una nota del sindacato, “la Fiom ha confermato la propria indisponibilità ad aderire a un documento che contiene deroghe al contratto nazionale e alle leggi in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e la messa in discussione di diritti individuali, compreso il diritto di sciopero”. Secondo le tute blu Cgil, “la Fiat, dopo avere disdettato, nel solo sito di Pomigliano, tutti gli accordi aziendali in vigore nel resto del gruppo in materia di orario e organizzazione del lavoro, vuole condizionare l’investimento per il rilancio di Pomigliano all’accettazione di un nuovo accordo da parte di tutti i sindacati”.
Ecco le condizioni che hanno indotto la Fiom a non firmare: “Realizzazione di 18 turni settimanali di lavoro sulle linee di montaggio; 120 ore di straordinario obbligatorio; possibilità di derogare dalla legge che garantisce pause e riposi in caso di lavoro a turno; riduzione delle pause dagli attuali 40 minuti a 30 minuti per ogni turno; possibilità di comandare lo straordinario nella mezz’ora di pausa mensa per i turnisti; sanzioni disciplinari nei confronti delle Organizzazioni sindacali che proclamano iniziative di sciopero e sanzioni nei confronti dei singoli lavoratori che vi aderiscono, fino al licenziamento; facoltà di non applicare le norme del Contratto nazionale che prevedono il pagamento della malattia a carico dell’impresa”.
Così prosegue l’analisi della Fiom: “Le altre organizzazioni sindacali, pur avendo inizialmente giudicato inaccettabili alcune richieste della Fiat e formalmente avanzato proposte di modifica, hanno alla fine aderito al testo iniziale dell’azienda, accettandone le condizioni imposte. La Fiom denuncia il ricatto a cui sono sottoposte le lavoratrici e i lavoratori di Pomigliano, in cassa integrazione da oltre 18 mesi, chiamati a scegliere fra il proprio posto lavoro e il radicale peggioramento dei propri diritti. Di fronte al carattere generale di questa scelta della Fiat, che punta a cancellare il contratto nazionale e superare le leggi di tutela sul lavoro”, la Fiom ha convocato il comitato centrale per lunedì 14 giugno, “per dare un giudizio approfondito, per impedire la condizione di isolamento nella quale si vuole relegare i lavoratori di Pomigliano e assumere le decisioni necessarie”.
Resta sulle proprie posizioni la Fiom. “Di fronte al rifiuto della Fiat ad apportare qualsiasi modifica al testo da presentato lo scorso 8 giugno”, si legge in una nota del sindacato, “la Fiom ha confermato la propria indisponibilità ad aderire a un documento che contiene deroghe al contratto nazionale e alle leggi in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e la messa in discussione di diritti individuali, compreso il diritto di sciopero”. Secondo le tute blu Cgil, “la Fiat, dopo avere disdettato, nel solo sito di Pomigliano, tutti gli accordi aziendali in vigore nel resto del gruppo in materia di orario e organizzazione del lavoro, vuole condizionare l’investimento per il rilancio di Pomigliano all’accettazione di un nuovo accordo da parte di tutti i sindacati”.
Ecco le condizioni che hanno indotto la Fiom a non firmare: “Realizzazione di 18 turni settimanali di lavoro sulle linee di montaggio; 120 ore di straordinario obbligatorio; possibilità di derogare dalla legge che garantisce pause e riposi in caso di lavoro a turno; riduzione delle pause dagli attuali 40 minuti a 30 minuti per ogni turno; possibilità di comandare lo straordinario nella mezz’ora di pausa mensa per i turnisti; sanzioni disciplinari nei confronti delle Organizzazioni sindacali che proclamano iniziative di sciopero e sanzioni nei confronti dei singoli lavoratori che vi aderiscono, fino al licenziamento; facoltà di non applicare le norme del Contratto nazionale che prevedono il pagamento della malattia a carico dell’impresa”.
Così prosegue l’analisi della Fiom: “Le altre organizzazioni sindacali, pur avendo inizialmente giudicato inaccettabili alcune richieste della Fiat e formalmente avanzato proposte di modifica, hanno alla fine aderito al testo iniziale dell’azienda, accettandone le condizioni imposte. La Fiom denuncia il ricatto a cui sono sottoposte le lavoratrici e i lavoratori di Pomigliano, in cassa integrazione da oltre 18 mesi, chiamati a scegliere fra il proprio posto lavoro e il radicale peggioramento dei propri diritti. Di fronte al carattere generale di questa scelta della Fiat, che punta a cancellare il contratto nazionale e superare le leggi di tutela sul lavoro”, la Fiom ha convocato il comitato centrale per lunedì 14 giugno, “per dare un giudizio approfondito, per impedire la condizione di isolamento nella quale si vuole relegare i lavoratori di Pomigliano e assumere le decisioni necessarie”.