Di nuovo a rischio l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Questa volta non si propone la cancellazione della norma che tutela i lavoratori dal licenziamento senza giusta causa, come avvenne nel 2002, ma semplicemente di ignorarla. Nel disegno di legge 1167-B, ‘recante norme in materia di lavoro pubblico e privato’, in esame presso la commissione Lavoro del Senato e in attesa del via libera da parte dell’Aula di Palazzo Madama, si prevede che le controversie tra il datore di lavoro e il dipendente possano essere risolte anche in sede di arbitrato, in alternativa al giudice del lavoro, che deciderà “secondo equità” e non sulla base della legislazione. L’articolo 33 del ddl, infatti, sostituisce l’articolo 410 del codice di procedura civile, istituendo misure di conciliazione di controversie anche in via arbitrale. La Consulta Giuridica del Lavoro della CGIL aveva già denunciato questo radicale cambiamento parlando di un attacco ai diritti dei lavoratori, e di limiti imposti all’azione della magistratura, paventando il rischio concreto di una “controriforma” del processo del lavoro.
Le ragioni, scrivevano i giuristi della CGIL, stanno soprattutto in quegli aspetti del disegno di legge “in cui è prevista la devoluzione ad arbitri delle controversie di lavoro, sottraendo alla giurisdizione ordinaria la tutela dei diritti dei lavoratori. Se per giunta gli arbitri possono decidere ‘secondo equità’, che in realtà significa anche poter non tener conto di leggi e contratti, ma solo di un loro ‘buon senso’ e se per di più ciò può essere legittimamente disposto nella lettera di assunzione, nel momento in cui il lavoratore è più debole, se ne capisce il senso di ‘controriforma’”. Inoltre, in una materia particolarmente delicata come quella dei licenziamenti, per la Consulta Giuridica della CGIL, “il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e giustificato motivo espresse dalle parti in sede di certificazione; nozioni che, qualora fossero definite nel contratto di assunzione, finirebbero per capovolgere i fondamenti del diritto del lavoro, nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro”.
Sul tema è intervenuto oggi lo stesso Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, ricordando come il sindacato stia da tempo denunciando questo aspetto. “Questo ddl opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano”, ha detto il leader sindacale da Bologna per il congresso della Camera del Lavoro. Il disegno di legge, ha spiegato, porta sostanzialmente a una forma di arbitrato obbligatorio che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte”. Secondo Epifani, “in questo modo naturalmente si rende il lavoratore più debole. Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro lo si segna per tutta la vita. Per questo siamo contro questo principio e speriamo che non venga approvato. In ogni caso - ha concluso Epifani - faremo ricorso se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale”.
Le ragioni, scrivevano i giuristi della CGIL, stanno soprattutto in quegli aspetti del disegno di legge “in cui è prevista la devoluzione ad arbitri delle controversie di lavoro, sottraendo alla giurisdizione ordinaria la tutela dei diritti dei lavoratori. Se per giunta gli arbitri possono decidere ‘secondo equità’, che in realtà significa anche poter non tener conto di leggi e contratti, ma solo di un loro ‘buon senso’ e se per di più ciò può essere legittimamente disposto nella lettera di assunzione, nel momento in cui il lavoratore è più debole, se ne capisce il senso di ‘controriforma’”. Inoltre, in una materia particolarmente delicata come quella dei licenziamenti, per la Consulta Giuridica della CGIL, “il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e giustificato motivo espresse dalle parti in sede di certificazione; nozioni che, qualora fossero definite nel contratto di assunzione, finirebbero per capovolgere i fondamenti del diritto del lavoro, nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro”.
Sul tema è intervenuto oggi lo stesso Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, ricordando come il sindacato stia da tempo denunciando questo aspetto. “Questo ddl opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del lavoro italiano”, ha detto il leader sindacale da Bologna per il congresso della Camera del Lavoro. Il disegno di legge, ha spiegato, porta sostanzialmente a una forma di arbitrato obbligatorio che farebbe saltare le forme tradizionali delle tutele contrattuali e delle libertà dei lavoratori di poter adire a queste scelte”. Secondo Epifani, “in questo modo naturalmente si rende il lavoratore più debole. Se lo si fa addirittura nel momento del suo ingresso nel lavoro lo si segna per tutta la vita. Per questo siamo contro questo principio e speriamo che non venga approvato. In ogni caso - ha concluso Epifani - faremo ricorso se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale”.
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