giovedì 22 aprile 2010

Congresso Cgil. Mozione 2: E’ l’ora della scelta


Siamo alla vigilia del Congresso nazionale Cgil e la mozione 2 non può 
rinviare la decisione su cosa farà da grande. I congressi di categoria,
così come quelli regionali, si sono conclusi in maniera molto differenziata. 
Da un lato il congresso della Fiom, quello della Flc, quello della Filctem, 
ove la mozione 2 ha confermato e rafforzato le sue scelte di fondo. 

Questo ha fatto sì che le conclusioni non fossero su un documento comune. 
Nella Filt, nella Slc, nella Fisac, nella Funzione pubblica, i congressi si sono 
invece conclusi con la maggioranza della mozione 2 che votava a favore, 
mentre solo i delegati vicini alle posizioni della Rete28Aprile continuavano 
a non votare il documento finale. 

E’ chiaro che questi segnali contraddittori comportano una decisione 
all’interno della mozione. Anche perché da parte di Guglielmo Epifani ed 
in generale della maggioranza congressuale, in queste settimane, non sono 
venute disponibilità reali alla mediazione politica. Anzi, nel Congresso della 
Fiom per la prima volta, con assoluta chiarezza, il segretario generale della
 Cgil ha detto che sul sistema contrattuale la posizione che ha vinto al congresso
 è quella di andare a ricontrattare l’accordo fra due anni. Giustamente Gianni 
Rinaldini gli ha risposto che, se questa posizione fosse stata presentata con 
altrettanta chiarezza nei congressi di base, nessuno avrebbe potuto dire che
 non si capiva quali fossero le ragioni del contendere. 

Anche sul piano organizzativo da parte della maggioranza non sono venuti 
segnali di distensione. Ai Segretari generale della Fisac e della Funzione pubblica,
 che hanno perso il congresso, è stato chiesto gentilmente di accomodarsi fuori 
dalle loro categorie. Lo stesso avviene nelle strutture territoriali e regionali. La
 linea della maggioranza è sostanzialmente: abbiamo vinto, non si divide. In 
questa situazione le tendenze unitarie e dialoganti all’interno della mozione 2 
sono pure manifestazioni di debolezza, e come tali vengono accolte dalla 
maggioranza. Il Congresso della Fiom, in particolare, ha dato un segnale di 
forte combattività, scegliendo di evitare accomodamenti e di portare al Congresso della Cgil la nettezza delle posizioni che hanno conquistato la maggioranza dei metalmeccanici. 

A questo punto è chiaro che il seminario della mozione 2 che si terrà il 29 e 30 
aprile, dovrà chiarire gli orientamenti politici della mozione che dovranno poi 
essere presentati ai delegati. Per quanto ci riguarda l’andamento dei congressi,
le posizioni in campo, le scelte che abbiamo di fronte propongono una scelta 
precisa. La mozione 2 deve organizzarsi statutariamente come minoranza critica
e di opposizione all’interno della Cgil e continuare così il proprio impegno. Altre soluzioni, pasticci, confuse mediazioni, appelli a non perdersi di vista mentre 
ognuno fa quel che vuole, porterebbero solo alla liquidazione di un’esperienza
che ha raccolto il consenso di 310 mila iscritte e iscritti in carne ed ossa, che 
vogliono continuare a battersi per una Cgil diversa. 

Roma, 20 aprile 2010
Giorgio Cremaschi 
(Rete 28 Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale)

Ddl lavoro, niente arbitrato in caso di licenziamento


La commissione Lavoro modifica il testo non firmato da Napolitano. L’arbitro non può sostituire il giudice nelle controversie che riguardano licenziamenti. Cgil: qualche modifica, ma la legge è tutta sbagliata
Nelle controversie di lavoro che riguardano il licenziamento, l’arbitro non può sostituire il giudice. Lo ha stabilito la commissione Lavoro della Camera, approvando un emendamento presentato dal relatore Giuliano Cazzola (Pdl) al ddl lavoro rinviato a suo tempo al Parlamento dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. L’articolo “incriminato” del ddl è il 31 (sul quale il Quirinale aveva sollevato le proprie perplessità).

L’emendamento che lo modifica prevede quanto segue: “La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro. Davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato”. Inoltre, “in assenza degli accordi interconfederali o contratti collettivi” sui campi di applicazione dell’arbitrato attraverso le clausole compromissorie “trascorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, al fine di promuovere l’accordo. In caso di mancata stipulazione dell’accordo di cui al periodo precedente, entro i sei mesi successivi alla data di convocazione, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali individua in via sperimentale, con proprio decreto, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociali stesse, le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni di cui al presente comma”.

Per il resto, sono stati approvati tutti gli emendamenti proposti dalla maggioranza, mentre è respinto l’emendamento presentato dal governo, relativo all’articolo 20 sulla esposizione all’amianto dei lavoratori a bordo delle navi di Stato. Il passaggio alla Camera è previsto per mercoledì 28 aprile.

Un emendamento presentato dalla Lega, e approvato, prevede inoltre che la clausola compromissoria sull’arbitrato possa essere “pattuita e sottoscritta concluso il periodo di prova, ove previsto, ovvero trascorsi trenta giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro in tutti gli altri casi”, compresi quindi i contratti a tempo determinato, allargando i limiti al ricorso all’arbitrato.

“Governo e maggioranza sono costretti ad apportare qualche modifica alla controriforma del processo del lavoro, ma ciò non basta per cambiare il senso di una legge sbagliata che continua a mantenere punti evidenti di incostituzionalità”. Questo il commento di Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil. “Prendiamo atto - afferma il dirigente sindacale - di questi primi cambiamenti che riteniamo anche frutto della nostra coerente iniziativa, ma la mobilitazione per cambiare una legge sbagliata prosegue e si rafforza”. Fammoni sottolinea che “la clausola compromissoria non può essere stipulata per nessuna materia all’atto dell’assunzione e non solo per le controversie relative al licenziamento come previsto nella dichiarazione comune separata (non firmata dalla Cgil, ndr). Il licenziamento non può essere orale ma solamente in forma scritta. Il lodo arbitrale non è più definitivo, ma può essere impugnato, anche se resta la pesante spada di Damocle di una possibile dichiarazione preventiva di accettazione di qualsiasi decisione arbitrale”.

Per Fammoni restano in vigore misure ‘molto gravi’ come: “la certificazione in deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro e i vincoli al ruolo del giudice del lavoro; il ricatto sui precari per la clausola compromissoria che non è certo attenuato da un rinvio di 30 giorni; nessuna schermatura sostanziale alla derogabilità di leggi e contratti, possibile con l’arbitrato di equità che resta preventivo al manifestarsi della controversia; è confermata la previsione di un decreto ministeriale anche se fintamente attenuata; non è previsto niente sui termini dell’impugnazione e dell’articolo 50”. Pertanto, aggiunge Fammoni, “in relazione al messaggio del Presidente della Repubblica paiono evidenti le non risposte sull’insieme dei 5 articoli di legge”. La Cgil conferma le iniziative di mobilitazione contro il ddl, a partire dai presidi sotto le prefetture di tutte le città d’Italia il 26 aprile e dal presidio nazionale nel giorno dell’avvio del dibattito in aula il 28 aprile”.

“E’ un giudizio positivo perché è stata accolta la proposta che avevamo fatto con le parti sociali che escludeva dall’arbitrato le controversie che riguardavano i licenziamenti”. Così ai microfoni di CNRmedia Luigi Angeletti, segretario generale Uil, commenta il no all’arbitrato sui licenziamenti approvato dalla Commissione Lavoro della Camera. “E’ un passo avanti importante – prosegue - adesso ne aspettiamo un altro sul fatto che il lavoratore possa scegliere solo dopo aver superato il periodo di prova, quando non ci sono più realistici condizionamenti”.

martedì 20 aprile 2010

Crisi, 240mila metalmeccanici in cig nel 2009


I dati dell’osservatorio sull’industria metalmeccanica diffusi durante il congresso nazionale delle tute blu Cgil. "Crisi profonda, ma ci sono pesanti limiti nella struttura industriale"
MONTESILVANO (PESCARA) - Il 2009 è stato un anno di profonda crisi ma che, a conti fatti, non ha fatto altro che accellerare processi di impoverimento della sistema industriale caratterizzato da profondi limiti nella sua struttura. È questa in estrema sintesi l'analisi che emerge dal rapporto a cura dell'Ufficio economico della Fiom Cgil 'Osservatorio sull'industria metalmeccanica', diffuso oggi al congresso nazionale della categoria della Cgil. La crisi dello scorso anno si misura nei numeri impietosi e inequivocabili contenuti nel rapporto: Pil contratto di cinque punti percentuali, consumi, anche quelli alimentari, al palo e l'occupazione che ha registrato una perdita di posti di lavoro di oltre 500mila unità a cui devono aggiungersi i lavoratori in cig che per il solo settore metalmeccanico equivalgono a circa 240mila unità a tempo pieno.

L'analisi della Fiom sottolinea come il calo dell'occupazione registrato nel paese abbia interessato inizialmente i lavoratori cosiddetti atipici che la categoria della Cgil legge come “il primo ammortizzatore per le imprese”. Adesso il rischio concreto è che le difficoltà occupazionali vadano a colpire i lavoratori a tempo determinato. In tutto ciò i redditi hanno sofferto schiacciati dai riflessi della crisi, falcidiati anche da una tasso di inflazione che si è mantenuto costantemente superiore a quello di altri paesi con livelli di crescita superiori.

In sostanza l'Italia è tra i paesi che ha sofferto maggiormente la crisi economica e i segni di ripresa sono deboli. Il sistema è rimasto a galla soprattutto grazie alle pressioni sulle retribuzioni che risultano essere in media più basse di oltre il 30% rispetto a quelle europee, occupando gli ultimi posti tra i paesi industrializzati. Il settore metalmeccanico ha sofferto in particolar modo in questi mesi. Il valore aggiunto in termini reali è diminuito nel 2009 di circa il 22%, cui si accompagna una riduzione delle unità di lavoro standard del 9% mentre l'occupazione complessiva del 3%. La differenza è rappresentata dal maggior ricorso alla cig e alla riduzione degli straordinari e dei doppi lavori.

La produzione del settore
 metalmeccanico è diminuita del 27% lo scorso anno e a comprimere il dato è ovviamente anche la caduta delle esportazioni. Quanto alle retribuzioni contrattuali delle tute blu, aumentano negli anni successivi al rinnovo del contratto (2006 e 2008) mentre dopo faticano a tenere il passo con l'inflazione. Nel 2010, prevede l'ufficio economico, le retribuzioni reali dovrebbero ridursi se verrà applicato il contratto non sottoscritto dalla Fiom che sposta in avanti il momento di erogazione degli aumenti, peraltro ridotti, riconosciuti per il triennio. I dati relativi all'occupazione nelle grandi imprese mostrano però un quadro diverso. Nel decennio 2000-2009 le retribuzioni medie degli operai hanno tenuto appena il ritmo dell'inflazione, con perdite del potere d'acquisto per alcuni comparti, il che testimonia come, a prescindere dalla fase negativa in atto, continui a permanere un problema salariale per il settore metalmeccanico.

sabato 17 aprile 2010

Congresso FIOM, Rinaldini rieletto Segretario Generale


di Alessandro Bongarzone  
 
Montesilvano -  Nel silenzio più assoluto dei media, si è chiuso nel pomeriggio - con la replica del segretario generale uscente, Gianni Rinaldini - il 25 esimo congresso dei metalmeccanici di CGIL. Un congresso scomodo: all’interno della confederazione (la FIOM è l’unica categoria dove ha vinto la mozione “La GIL che vogliamo”) ma, soprattutto all’esterno tanto che, tolti i soliti giornalacci di sinistra: Dazebao, Manifesto e Rassegna Sindacale (per motivi d’ufficio) reperire in rete, in tv (anche sul TG3 diretto da una Berlinguer) o sui quotidiani qualche notizia, è stata fatica sprecata.
Un congresso cancellato dai “media” - in mano alle consorterie dei soli noti e dei gruppi di potere economici - perché fatto da gente (363.559 iscritti nel 2009, oltre 4 mila in più del 2008, nonostante la crisi) che si oppone ad un sistema fondato sulla presa d’atto delle disuguaglianze sociali che parla ancora - come ha fatto Rinaldini nella sua relazione introduttiva - di democrazia, solidarietà e giustizia sociale stigmatizzando e censurando, addirittura, i partiti della sinistra che, guarda caso, gliela fanno pagare ignorandola.

Cremaschi: il gruppo dirigente della FIOM odiato dai padroni
Da qui, è partito, nel suo intervento - svolto in mattinata - Giorgio Cremaschi, segretario nazionale di FIOM e leader della componente “Rete 28 aprile” in CGIL. 
“Credo che il gruppo dirigente della FIOM - ha detto Cremaschi - sia odiato dai padroni, perché dietro al loro modello c’è un’idea di società e di rapporti sociali. FIOM - ha proseguito - è un sindacato che lotta, autonomo, che costruisce con i lavoratori le piattaforme, che li fa votare, non è compatibile con il modello di società che vogliono Berlusconi, Confindustria e di cui CISL e UIL sono complici perchè la battaglia per la democrazia è battaglia sui valori”.

Più di metà del suo intervento, il leader di “28 aprile”, lo ha riservato a “smontare” le argomentazioni che ieri, dalla tribuna dl congresso, aveva portato il segretario di CGIL, Guglielmo Epifani. “Voglio dire a Epifani - ha detto in un passaggio Cremaschi - che non sono d’accordo con il fatto che il sindacato esiste se fa accordi. Per me il sindacato esiste se fa giustizia, la contrattazione e gli accordi sono un mezzo. Di questo doveva discutere il congresso, e trovo strano che l’unico che non può dire quello che pensa è il segretario generale della Fiom. Se Rinaldini - ha proseguito - fa un ragionamento così fermo, preoccupante, se descrive un quadro tanto cupo, non si può dire che lo fa per ragioni congressuali. Non è nella sua natura, non è nella nostra natura”.

Stanno alzando l’asticella dell’ingiustizia
Rispetto al da farsi, Cremaschi è chiaro : “stanno alzando sempre più in alto l’asticella dell’ingiustizia - ha detto - questo avviene anche nei luoghi di lavoro. E allora il problema è: chi risponde a questo? Solo la FIOM nel suo contratto o tutta la CGIL con una mobilitazione generale?”. Noi - dice, rispondendo alla FIM che si augura un confronto FIOM su diversi modelli sindacali - proviamo a riconquistare il contratto nazionale presentando una piattaforma nel 2011 costruita con il massimo di partecipazione e consenso dei lavoratori. E’ difficile ma non c’è alternativa. Abbiamo una lunga marcia davanti a noi - ha concluso Cremaschi - ma ce la faremo: perché questo è l’impegno che abbiamo non solo verso a noi ma verso quelli che verranno dopo di noi”.

Per Landini l’attacco di Confindustria parte da lontano
Poco prima di Cremaschi, era intervenuto Maurizio Landini, l’uomo che - il “totonomine” - accredita come il più probabile successore di Rinaldini quando, a conclusione del congresso confederale, sarà chiamato (sembra) a dirigere un dipartimento a Corso Italia.

Il 49 enne segretario di FIOM, reggiano come Rinaldini, da lui chiamato per dirigere il dipartimento sindacale a Corso Trieste,  si è soffermato sulla “natura” dell’attacco portato ai lavoratori che, dice “fa parte della stessa strategia di assalto che Confindustria e centro destra hanno iniziato già con il “Libro bianco” di Biagi dove c’era scritto tutto quello che sta accadendo oggi, compreso l’arbitrato”. Secondo Landini non possiamo scoprire improvvisamente che il centro destra e Confindustria hanno un potere enorme perché, afferma “se così fosse, si porrebbe un serio problema di memoria anche se - prosegue - c’è un elemento di distinzione rispetto al 2003: allora la reazione della Fiom e della CGIL portarono addirittura in piazza tre milioni di persone, oggi non è così e lor signori, non nel 2013 ma nei prossimi mesi (lo hanno già dichiarato a Parma) hanno intenzione di mettere in discussione tutto, di sferrare l’attacco finale ai diritti del lavoro e alla contrattazione”.

Quello che stanno facendo adesso non è contrattazione 
Per Landini, allora, il nodo di fondo è come arrivare al 2013 e se il Sindacato sarà in grado oppure no di mettere in campo “adesso, non tra qualche tempo, una reazione forte”. 

“Oggi - dice Landini - c’è qualcuno che mi viene a spiegare come si fa la contrattazione? Ma se c’è una categoria che contratta tutti i giorni, che difende i posti di lavoro e contemporaneamente cerca di conquistare migliori condizioni di lavoro e salariali, sono i metalmeccanici e la FIOM.
Noi abbiamo una caratteristica che ci differenzia dagli altri: noi gli accordi non li firmiamo se i lavoratori non ci dicono che vanno bene perchè - prosegue il segretario nazionale di FIOM - la contrattazione o è tra interessi diversi, oppure non è mentre quello che alcuni stanno facendo adesso non è contrattazione ma adesione alle posizioni della controparte”.

Agire adesso, perché non c’è il secondo tempo
“Allora - prosegue Landini - c’è il problema della democrazia, ma anche di determinazione” e, siccome è in gioco il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di essere liberi di contrattare la propria condizione, il segretario di FIOM, conferma la validità della campagna per la raccolta firme a supporto della proposta di Legge di iniziativa popolare sulla democrazia e la rappresentanza “che - dice - va portata velocemente in Parlamento, per chiedere alle forze politiche se le lavoratrici e i lavoratori italiani sono cittadini anche nei luoghi di lavoro oppure no. Ma, ancora - prosegue -  
da un sindacato in cui ognuno fa quello che vuole, esce un sindacato che è il “sindacato delle libertà” dove finisce, però, la confederalità”. L’obiettivo, quindi, per Landini è la riconquista del contratto nazionale su cui tutta la FIOM è d’accordo e arrivare, dunque, a presentare la piattaforma nel 2011. “Ma dobbiamo agire subito - conclude - perché, per questa partita, non c’è il secondo tempo e non possiamo correre il rischio di intervenire a partita finita”.

Rinaldini saluta la FIOM
Nella sua replica, Gianni Rinaldini, riprende molti dei temi trattati nella relazione e negli interventi che si sono succeduti confermando tutte le critiche che aveva mosso all’azione della CGIL  colpevole di “non aver dispiegato il livello necessario di mobilitazione” a seguito degli accordi separati del 2009 sul sistema contrattuale. 

Rinaldini, inoltre,  ha evidenziato come “nella situazione di estrema difficoltà economica, politica, sociale e culturale in cui ci siamo venuti a trovare, per lavorare per il bene della CGIL e della Fiom ci sarebbe stato bisogno bisogno di un massimo di apertura nella ricerca e nel confronto. Purtroppo, nel Congresso ha prevalso una logica di altra natura”.

Rinaldini, in conclusione, ha ringraziato Epifani, per la ricandidatura a Segretario generale della Fiom dichiarando al Congresso  “Se mi rieleggerete, lo farò comunque per un periodo breve. Non avrò quindi altre occasioni di fare un altro Congresso della Fiom e, quindi, oggi, vorrei esprimere un ringraziamento a tutti per il lavoro compiuto insieme in questi otto anni”.

Ore 20,30: Rinaldini rieletto segretario generale
Dopo la replica di Rinaldini, i delegati hanno proseguito i lavori per completare gli adempimenti politici approvando - a maggioranza - il documento presentato dal segretario uscente a cui era contrapposto quello presentato da Fausto Durante, rappresentante dell’area Epifani in Fiom.

Al termine il congresso ha votato - a scrutinio segreto - il nuovo Comitato Centrale (625 Si; 30 No e 15 astenuti) che nella sua prima convocazione, alle 20,30, ha immediatamente proceduto alla rielezione del segretario generale ruolo a cui è stato riconfermato, Gianni Rinaldini, con 142 voti a favore, 5 contrari, 14 astenuti e 1 voto nullo.

Fiom: Cremaschi, presentiamo nostra piattaforma

MONTESILVANO (PESCARA) - “A Epifani vorrei dire che non c’è nell’intera storia della Cgil l’idea che il sindacato esiste se fa accordi. Per noi il sindacato esiste se fa giustizia. Del resto, della Fiom tutto si può dire meno che sia un sindacato che non fa accordi. In questo periodo di crisi ne stiamo facendo molti: contro la chiusura degli impianti, su cassa integrazione ordinaria e straordinaria, sui contratti di solidarietà, sull’utilizzo di corsi di formazione e, quando possibile, dei veri e propri accordi di secondo livello”. Sono le parole di Giorgio Cremaschi, segretario nazionale delle tute blu Cgil, al 25° congresso nazionale dell’organizzazione in corso a Montesilvano. “Nella sua relazione introduttiva, Rinaldini ha fatto una analisi molto preoccupata e, vorrei dire, molto preoccupante della situazione della crisi in Italia e nel mondo e della deriva a destra in atto nel nostro paese. Se lo ha fatto non è certo per ragioni congressuali, ma perché preoccupante è effettivamente la situazione in cui dobbiamo oggi agire”.

“Per noi - ha proseguito Cremaschi -, il problema dei problemi è che non abbiamo il contratto. Ciò non dipende da noi, ma dalla Confindustria di Marcegaglia e Bombassei che hanno voluto imporre alla categoria, attraverso Federmeccanica, un accordo separato. E questo perché la crisi è considerata dalla parte peggiore del nostro Paese un’occasione per regolare i propri conti con il mondo del lavoro, la democrazia e la Costituzione”.

E ancora: “L’oggetto della nostra discussione è proprio questo. Cosa fa la Cgil per fronteggiare questa situazione? Da questo punto di vista, dico sinceramente che ho trovato deludenti le parole pronunciate ieri qui da Epifani. Infatti mi chiedo: come farà la Cgil a costruire un nuovo modello contrattuale? Con quale forza lo farà? Se non ci riescono i metalmeccanici chi potrà riuscirci?”.

Secondo Cremaschi, “il punto è che per noi democrazia sindacale e unità sindacale sono due facce della stessa medaglia. I metalmeccanici sono stati la categoria più unitaria. Nella nostra storia l’unità sindacale non era un fatto di vertice, ma era basata sull’unità dei lavoratori. Ed è tutt’ora vero che l’unità è una cosa importante per i lavoratori se vedono in essa uno strumento che accresce il loro potere e non un mezzo attraverso il quale viene tolto loro potere”.

Poi le conclusioni: “Il segretario generale della Fim ci ha detto che si augura un libero confronto con noi su diversi modelli sindacali. Ma nella situazione attuale, nel nostro paese, non c’è una libera competizione tra diversi modelli sindacali. E ciò perché il governo e la Confindustria vogliono imporci il loro modello e cancellarci. E ciò ancora perché dietro il nostro modello sindacale c’è un modello di società non compatibile con quello condiviso da Berlusconi e Bombassei e con cui Cisl e Uil sono d’accordo. Il nostro obiettivo è quello di riconquistare un nuovo modello contrattuale e per provare a raggiungerlo dobbiamo fare la cosa più semplice: presentare ai lavoratori una nostra piattaforma. È una scelta difficile. Davanti a noi abbiamo una lunga marcia”. 

XXV Congresso FIOM-CGIL - La FIOM riparte dal contratto


I metalmeccanici chiudono il congresso e si preparano alla battaglia del 2011, quando scatterà il rinnovo del contratto in regime di accordo separato. Rinaldini: posizioni diverse ma uniti contro l’intesa di un anno fa
di P.A., A.P., G.S.
foto di Attilio Cristini (immagini di di Attilio Cristini)
Si sono registrate posizioni diverse sul “merito” delle questioni di natura sindacale ma rimane forte l’unità negoziale della Fiom che determina l’unità stessa dell’organizzazione e la gestione unitaria. E’ il segretario generale uscente - ma riproposto dalla segreteria nazionale della Cgil - della Fiom, Gianni Rinaldini, a fare sintesi nel corso del suo intervento conclusivo al XXV Congresso nazionale della categoria dei metalmeccanici, dopo tre giorni di dibattito.

Speciale Congresso

Nel rapporto con la Confederazione, anche alla luce dell’intervento di ieri di Epifani, rimangono strutturali differenze sulla contrattazione e sull’idea che la Cgil abbia o meno una strategia di contrasto all’accordo separato. Ragioni per le quali per Rinaldini si è arrivati alla formulazione di due mozioni contrapposte con quest’ultimo firmatario della mozione di minoranza. Il leader della Fiom ha chiesto “un ripensamento dell’azione per capire dove andare” e chiarezza da parte della Cgil sui temi della democrazia, tema sul quale la categoria si sta mobilitando con la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare su questi temi.

Ma ovviamente al centro delle differenze rimane il modello contrattuale e la strategia di contrasto messa in campo a livello confederale.” Di fronte a un accordo sul sistema contrattuale separato - ha detto Rinaldini -, mai registrato nell’intera storia repubblicana del nostro paese, il tipo di mobilitazione non è stato all’altezza della dimensione della partita che stiamo giocando”. La previsione di Rinaldini, condivisa dalla platea, è che nel 2011, l’anno in cui scadrà il contatto dei metalmeccanici ante accordo separato, tutta la vicenda contrattuale graverà sulle spalle della vertenza dei metalmeccanici in attesa del 2013, l’anno in cui scadrà il periodo di prova della riforma contrattuale. Per questo le iniziative messe in campo dalla Fiom devono cominciare a guardare da subito a quella data non limitandosi al solo referendum sulla piattaforma per il rinnovo contrattuale ma costruendo quest’ultima insieme ai lavoratori stessi. Uno stare in campo quello della Fiom perché la partita sul modello contrattuale non entrerà nel vivo nel 2013 ma è adesso, a cominciare dal prossimo mese - così come ha annunciato il ministro del Lavoro - con lo “scardinamento dei diritti del lavoro con la presentazione dello Statuto dei Lavori”. Quindi ancora una volta “no alla logica della riduzione del danno” ma al lavoro e alla lotta perché “conflitto e democrazia non sono cose contrapposte”. Grandi applausi per un commosso Rinaldini, giunto al suo ultimo congresso come leader della Fiom.

La Fiom ha chiuso divisa il suo congresso. Nonostante vari tentativi di ricucitura e nonostante l’intervento di Epifani. Alla fine, dopo una notte concitata di riunioni, incontri, telefonate incrociate, sono stati presentati due documenti: uno della maggioranza che fa capo al segretario Gianni Rinaldini e uno presentato da Fausto Durante, capofila della minoranza epifaniana interna alla Fiom, un’area che, a partire dal congresso del 2004, è cresciuta in modo consistente (dal 18 al 27%). Su 749 aventi diritto al voto, hanno preso parte alla votazione 694 delegati. Il documento presentato da Rinaldini ha riportato 458 voti. Il documento presentato da Durante ha riportato 236 voti. Per l’elezione del Comitato centrale alla fine le due aree hanno trovato l’accordo sulla presentazione di una lista unica che si basa sugli equilibri politici che si sono determinati. Dal punto di vista confederale, rimane dunque tutto aperto il problema della mediazione rinviato al congresso nazionale della Cgil.

Il dibattito della giornata
“Mi chiedo come possiamo ricostruire l’unità sindacale senza la democrazia. Perché l’unità è un dritto delle lavoratrici e dei lavoratori, non di Cgil, Cisl e Uil”. Dal palco del congresso nazionale Fiom Cgil di Montesilvano (PS), il segretario nazionale Maurizio Landini lancia un appello ad agire subito per “riconquistare subito il contratto nazionale, senza attendere la verifica del 2013”. Secondo Landini, è la democrazia il terreno su cui bisogna ricostruire un’unità sindacale che parta dai lavoratori, i quali “devono potersi sentire cittadini anche in fabbrica”. “I diritti che oggi sono messi in discussione ha continuato il dirigente sindacale - sono diritti conquistati con la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori, anche a costo della loro vita”. Landini fa l’esempio dello Statuto dei Lavoratori, che “è stato prima conquistato nelle fabbriche, poi è diventato legge in Parlamento”.

“L’attacco ai diritti che vediamo perpetrarsi in queste settimane – ricorda il sindacalista - era già scritto nel Libro Bianco di Maroni del 2001. Il tentativo di modificare l’articolo 18 è stato bloccato grazie all’opposizione della Cgil e della Fiom”. Oggi, invece, secondo Landini, “si parla solo di ricorso alla Corte Costituzionale: noto una leggera differenza di strategia”. Il problema, quindi, non è “cosa faremo nel 2013, quando ci sarà la verifica del modello contrattuale separato”, ma cosa fa il sindacato oggi “per riconquistare il contratto nazionale. La contrattazione o è una mediazione di interessi, o non è. Oggi rischia di essere solo un’adesione alle posizioni degli altri.” Tutta la Cgil, spiega Landini, dovrebbe saper mettere al centro del dibattito un disegno industriale che guardi ad un nuovo modello di sviluppo e che sappia affrontare la questione della ridistribuzione dei redditi, “siamo davanti - dice Landini - al fatto che tutta la Cgil si dovrebbe porre il problema di pensare non semplicemente alla difesa di quello che oggi c’è, ma agire per mettere in campo un’idea diversa di cambiamento ripartendo dal basso e dal concetto di responsabilità sociale”.

Da qui, l’iniziativa di legge popolare sulla democrazia e sulla rappresentanza. “Guardando alla nostra organizzazione – afferma - giudico un elemento di responsabilità trovare una posizione unitaria sulla contrattazione, con l’obiettivo che porti un contributo alla discussione in Cgil. Giudico un errore la scelta fatta dalla Confederazione di disarticolare l’accordo separato sul modello contrattuale a livello di categoria. Mentre la Cgil avrebbe dovuto chiedere la sospensione dell’intesa, il blocco dei licenziamenti e un accordo di transizione. Altrimenti facciamo il ‘Sindacato delle Libertà’ che alla fine rischierà di mettere in dubbio la nostra natura confederale.” “Noi oggi abbiamo l’obiettivo della riconquista del contratto nazionale - conclude Landini - fino ad oggi abbiamo deciso, tutti assieme, che per noi è valido il contratto nazionale, che gli altri accordi non si firmano ed abbiamo aperto una campagna di contrattazione nazionale, mentre era in corso il dibattito congressuale di tutta la Cgil, penso che siamo nella condizione di poter confermare che c’è un’unità negoziale della Fiom, con una scelta molto precisa, che è quella di presentare la piattaforma nel 2011. Oggi è a rischio la democrazia nel Paese e nei posti di lavoro. Dobbiamo agire subito perché, per questa partita, non c’è il secondo tempo”.

Nel suo intervento, il capo della minoranza Fausto Durante ha invece affermato che la strategia assunta dalla Cgil per smontare l’accordo separato sulla riforma del modello contrattuale è chiara ed è ingeneroso - così come si è registrato in molti interventi - “sostenere che la Cgil furbescamente voglia rientrare in quell’accordo”. Durante rivendica la decisione assunta dalla Fiom di respingere “il ricatto di Confindustria e Federmeccanica e il contratto truffa per i metalmeccanici”. Punto sul quale “l’unità non sarà messa in discussione”. Ma la domanda che pone alla platea congressuale, “la domanda che sento crescere nei luoghi di lavoro”, è cosa farà adesso la Fiom. Secondo il dirigente sindacale, “i ricorsi messi in campo, la raccolta di firme sulla legge di iniziativa popolare, vanno bene ma non sono sufficienti”. Ed è il congresso per Durante a dover indicare “una chiara condotta che dobbiamo assumere sul contratto collettivo nazionale di lavoro”.

“Io considero il no della Fiom all’accordo un pezzo dell’iniziativa e della strategia decisa dalla Cgil per smontare l’accordo separato sul modello contrattuale”, ha affermato nel precisare: “Non ritengo che la Fiom abbia sbagliato così come non ritengo sbagliate le scelte delle altre categorie di rinnovare i contratti rispettando i vincoli decisi dalla Cgil per contrastare l’accordo separato”. Contratti, quelli sottoscritti dalle altre categorie, “con luci e ombre - ha rilevato Durante - come ha riconosciuto Epifani e quando alcune soluzioni non sono apparse sufficienti o adeguate, come per i chimici, la Cgil si è espressa con la chiarezza necessaria”.

Quanto al risultato raggiunto da Durante nella fase congressuale, il segretario nazionale ha lamentato il mancato tentativo di arrivare a una sintesi delle diverse posizioni anche perché, dentro la Fiom, “più di un quarto degli iscritti ha votato il primo documento e il non riconoscere, il non menzionare, il non citare questo dato della realtà, e non farlo fin dall’avvio, rappresenta una volontà chiara - ha concluso -: non pervenire a una sintesi tra noi”.

mercoledì 14 aprile 2010

Le vignette di Enzo Apicella - "La crisi è alle spalle"

XXV Congresso FIOM-CGIL

Il debito italiano non si ferma più

Scuola - tagliati 500 professori

Articolo 18 - Ddl lavoro, la spaccatura non rientra


Ripartito l’iter del ddl che introduce l’arbitrato nel processo del lavoro. Cgil: “Modiche vere o mobilitazione”. Cisl, Uil e Confindustria difendono l’avviso comune, ma gli industriali ammettono: c’è qualcosa da rivedere. Stop all’allungamento della cig


di red
È ripartito in commissione Lavoro alla Camera l’iter del disegno di legge sul lavoro, rinviato alle Camere dal capo dello Stato Giorgio Napolitano per i rischi di aggiramento dell’articolo 18. Il ciclo delle audizioni è iniziato oggi (13 aprile) con le parti sociali e proseguirà per tutta la settimana, ma si scopre subito che sindacati e imprese non cambiano le proprie posizioni: da una parte c’è la Cgil, che insiste sulla necessità di rivedere completamente il testo negli articoli segnalati dal Colle e annuncia una forte mobilitazione; dall’altra ci sono Cisl e Uil che, insieme alla Confindustria, difendono l’avviso comune siglato lo scorso 11 marzo, anche se gli stessi industriali ammettono che c’è qualcosa da rivedere nel testo. In attesa di capire cosa farà il governo, l’ennesimo ritorno in aula a Montecitorio è in calendario per il prossimo 26 aprile: sarà il quarto giro per i deputati (poi sarà la volta del Senato) per una legge dal percorso travagliato che ha impiegato oltre un anno e mezzo ad arrivare sulla scrivania del Quirinale senza poi essere firmata perché controversa soprattutto nella parte in cui introduce l’arbitro privato al posto del giudice nei processi del lavoro.

“È necessario un intervento complessivo di riesame del testo”, per “una nuova deliberazione, oltre agli articoli 20, 30, 31, 32 e 50 menzionati dal capo dello Stato, su cui la maggioranza intende limitare la discussione”. Così il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. Affrontando i nodi sul tappeto, il dirigente di Corso Italia è tornato sull’arbitrato: “Non siamo contrari allo strumento in sé - ha detto - ma all’arbitrato di equità”. Fammoni ha posto l’accento anche su altre norme contenute nel provvedimento, come quella che abbasserebbe l’età dell’obbligo scolastico introducendo l’apprendistato a 15 anni, “norma sbagliata e viziata di incostituzionalità”. Ad ogni modo, se non ci saranno i cambiamenti richiesti la Cgil continuerà la propria iniziativa “anche con la mobilitazione e l’appello della Consulta, e quando la legge andrà in aula (il 26 aprile, ndr) faremo un presidio di fronte al Parlamento”.

“L’arbitrato è utile se è libero, per questo è giusto prevedere che non sia inserito nella clausola compromissoria al momento dell’assunzione ma quando il rapporto è già consolidato”, ha detto il segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. Il sindacato di via Po propone che la scelta della via extragiudiziale avvenga finito il periodo di prova. Altre tre le modifiche auspicate: recepire l’avviso comune che esclude i licenziamenti dalla materia dell’arbitrato, definire le commissioni di certificazione che validano le clausole compromissorie e certificano i contratti individuali come ‘organi terzi’ per cui “bene le università, le direzioni provinciali del lavoro, ma no i consulenti del lavoro che rappresentano i datori di lavoro”. Terzo: limitare i confini dell’arbitrato “secondo equità”, conclude Santini, quindi si potrebbero “escludere i diritti indisponibili, quelli sanciti dalla Costituzione”, ovvero la salute e la sicurezza, le ferie, l’orario di lavoro.

Dovrà rimanere “esplicitamente acclarato che l’arbitrato non ha nulla a che vedere con i licenziamenti e che esso non può essere imposto al momento dell’assunzione”, ha sottolineato per la Uil il segretario confederale, Paolo Pirani, secondo cui “a maggior garanzia si potrebbe decidere che l’eventuale clausola compromissoria si applichi solo ai rapporti di lavoro subordinato, ed esclusivamente al termine del periodo di prova, nel quale evidente la particolare debolezza del lavoratore”.

Con l’avviso comune separato, siglato l’11 marzo sull’arbitrato, “si è esclusa ogni ipotesi anche indiretta di voler far ricorso all’arbitrato per eludere garanzie poste a tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo”. Così il direttore delle relazioni industriali di Confindustria, Giorgio Usai, sottolineando che l’intesa “delinea la strada da percorrere per cercare soluzioni condivise alle questioni sollevate nel messaggio alle Camere”. Gli industriali condividono “pienamente il richiamo del presidente della Repubblica in ordine alla necessità del rispetto del principio della volontarietà dell’arbitrato”. La legge presenta infatti “alcune criticità sul piano tecnico”, per esempio bisogna rivedere la possibilità di appello sulle controversie arbitrali demandando al solo Tribunale la competenza dei ricorsi in unico grado.

STOP ALL’ALLUNGAMENTO DELLA CIG. Sempre in tema di lavoro, sembra ormai certo il no del governo ad allungare la cassa integrazione ordinaria da un anno a un anno e mezzo. Il Tesoro ha infatti consegnato in commissione Bilancio della Camera la relazione tecnica sul disegno di legge unificato sul lavoro che contiene, appunto, il prolungamento di sei mesi della cassa ordinaria, confermando il giudizio già espresso in precedenza dal governo. Arrivata la relazione del Tesoro, domani la commissione Bilancio dovrebbe esprimere il proprio parere sul provvedimento e la commissione Lavoro dovrebbe votare il mandato al relatore.

sabato 3 aprile 2010

Arbitrato, Sacconi prova a fare il furbo. Le modifiche pensate non risolvono la sostanza dei problemi posti dal Colle

di Roberto Farneti (Liberazione)

La partita a scacchi tra governo e Quirinale è appena iniziata. Dopo la clamorosa decisione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di rinviare alle Camere il decreto legge sull’arbitrato che, tra i numerosi danni che provoca, crea anche i presupposti per l’aggiramento dell’articolo 18 (prevedendo per i lavoratori la sottoscrizione di clausole, al momento dell’assunzione, in cui si impegnano a non ricorrere al giudice ordinario in caso di licenziamento immotivato) la tentazione prevalente nell’esecutivo sembra ora quella di provare ad aggirare le obiezioni poste dal Capo dello Stato. La disponibilità di facciata ostentata dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi subito dopo l’altolà di Napolitano («terremo conto dei suoi rilievi») e la salita al Quirinale di un Silvio Berlusconi dal volto disteso, nasconderebbero una volontà di segno opposto, che troverebbe conferma nelle soluzioni allo studio dei tecnici del ministero.
Una di queste soluzioni sarebbe il recepimento nella legge dell’avviso comune sottoscritto dalle organizzazioni padronali solo con Cisl e Uil (la Cgil chiedeva e chiede il ritiro del provvedimento), con il quale le parti in questione si impegnavano - ancor prima che la legge venisse promulgata - a escludere il licenziamento dalle controversie che possono essere decise dall’arbitro. Firma che ancor oggi viene rivendicata dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni: «Per noi non ci deve essere la clausola compromissoria. La Cgil - attacca Bonanni - avrebbe fatto bene a firmare la dichiarazione comune invece di tenere in piedi il problema, agitando il fantasma dell’articolo 18 senza accorgersi che era già stato tolto di mezzo».
Come spesso gli accade, il segretario della Cisl finge di non capire qual è il punto della questione, peraltro spiegato con precisione da Napolitano. E cioè che tocca alla legge «stabilire le condizioni perché possa considerarsi effettiva la volontà del lavoratore» e non accordi soggetti ad essere rivisti e comunque parziali. Perché le cause di lavoro non hanno come oggetto solo i licenziamenti, ma potrebbero riguardare altri diritti indisponibili dei lavoratori. L’avviso invece, come ha anche sottolineato il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, «non innova su altri due punti chiave: la rinuncia alla tutela del giudice all’atto dell’assunzione e l’arbitrato secondo equità. Questo, connesso ai sistemi di certificazione bilaterale, gestiti cioè direttamente dalle parti, fa sì - conclude Epifani - che l’insieme dei diritti dei lavoratori sia più debole».
Non a caso il presidente della Repubblica pretende che la legge specifichi che durante l’arbitrato bisognerà tener conto dei principi generali del diritto del lavoro. Il governo sembra invece intenzionato a delimitare al massimo le materie sulle quali l’arbitro può essere chiamato a decidere. Non solo: la legge affida al ministro del Lavoro la definizione dei campi di applicazione dell’arbitrato nel caso in cui le parti sociali non abbiano trovato un accordo. Norma pensata da Sacconi per “bypassare” le probabili difficoltà a realizzare intese che includessero anche la Cgil. L’unica possibilità per rispondere all’obiezione del Quirinale è che il ministro rinunci a questo potere e conservi solo quello di convocare le parti.
Un ulteriore appunto mosso da Napolitano è quello nei confronti dell’articolo 20 del decreto, con il quale vengono esclusi dalle norme poste a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore il personale a bordo dei navigli di Stato. Per questa norma si parla di una probabile soppressione, anche perché ipotizzare una disciplina diversa per una categoria di lavoratori è palesemente incostituzionale.
Le carte sul tavolo saranno gettate dopo Pasqua quando il ddl lavoro tornerà ad essere esaminato dalla Commissione Lavoro della Camera. Sacconi ha chiesto di fare in fretta così da avere il via libera alla legge entro due mesi e comunque prima dell’estate. Paolo Ferrero, portavoce della Federazione della Sinistra, ha inviato una lettera a tutti i leader dei partiti dell’opposizione, rappresentati o meno in Parlamento per chiedere loro una mobilitazione comune contro la riproposizione delle norme bocciate da Napolitano.
Quello di cui non tiene conto il ministro è che, ammesso che il tentativo di aggirare le obiezioni poste dal Capo dello Stato con correzioni di comodo gli riesca, il provvedimento dovrà poi passare al vaglio della Corte Costituzionale. Se i palesi elementi di contrasto con quanto prevede la Costituzione non verranno adeguatamente corretti o rimossi, c’è insomma il rischio che il decreto sull’arbitrato faccia la fine del Lodo Alfano. 

La CGIL e la crisi degli occupati "Nel 2009 persi 10.000 occupati"